Se ad evangelizzare è un chicco di grano

 Annuncio… una realtà che sembrerebbe aver poco a che fare con la vita di un monastero. Un richiamo, un sentire ecclesiale apparentemente distante da chi, come noi, è chiamato a vivere in uno spazio di mondo, di terra, di esistenza contrassegnato fortemente dal “limite”, quale di fatto è la clausura. In realtà, “gridare Cristo”, farlo conoscere ad ogni fratello e sorella che non sa ancora di essere amato è il desiderio che ci ha spinte qui e ci accomuna a tanti missionari e missionarie sparsi nel mondo.

 

Questo desiderio ha per noi il sapore di una promessa di Dio che si rinnova di giorno in giorno: raggiungere tutti! È il desiderio del cuore di Gesù, è il paradosso della vita claustrale ed è ciò che di questa vita ci appassiona fortemente! Non è forse proprio davanti alla richiesta di quei Greci – degli stranieri, dei “lontani” – che Gesù sintetizza così la sua intuizione missionaria di fondo: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24)? La scelta di sprofondare nel solco della terra per raggiungerne gli estremi confini è stata la risposta alla sua inquietudine missionaria; come a dire che scomparire e nascondersi nella terra è fecondarla dal di dentro.

 

 

Sì, c’è una evangelizzazione che avviene dal di dentro, dove lo Spirito compie la sua opera di salvezza e stimola la Chiesa a svilupparsi (cf Ad Gentes 4). È in questo “dal di dentro” che trova senso e significato la nostra missione. A che servirebbe portare l’annuncio del Vangelo nel mondo, se non ci fossero cuori capaci di accoglierlo? Che ne sarebbe del seme gettato senza una terra disposta a farlo crescere perché dia il suo frutto? Si tratta di respirare universalmente con la Chiesa, che quanto più sente l’urgenza di “allargarsi”, tanto più avverte il bisogno di “restringersi”. È il cuore del mistero pasquale, è il movimento silenzioso dell’Eucaristia, che da quel chicco di grano nasce e cresce.

 

 

 

Qui in monastero lavoriamo le ostie. Non ci si abitua mai allo stupore di vedere che da una materia povera, da un impasto di acqua e farina cotto su piastre roventi, prende forma l’Eucaristia: il pane che, offerto e consacrato sull’altare, diventerà il corpo di Cristo. Ci sembra di sentir passare tra le mani tutti quei chicchi di grano che, nel segreto delle loro storie, anche inconsapevolmente contribuiscono a diventare “frumento di Cristo cresciuto nel sole di Dio”.

 

Gesù si è dato a noi come pane perché il mondo ha fame! Santa Chiara d’Assisi doveva aver intercettato questa fame profonda quando scriveva che Cristo ha voluto nascere povero «perché gli uomini, che erano poverissimi e bisognosi e soffrivano l’eccessiva mancanza di nutrimento celeste, fossero resi in lui ricchi con il possesso del regno dei cieli». Con la stessa consapevolezza fr. Federico Gandolfi, da anni missionario in Sud Sudan, ci scriveva che «non basta dare il pane a questa gente se non possiamo dare loro, insieme al pane, la speranza». E la speranza è Cristo!

 

Resta da chiedersi: come essere oggi questo annuncio di speranza? Ci sono rimaste impresse le parole di un giovane, venuto al nostro monastero insieme ad un gruppo di giovani per un incontro-testimonianza. Dopo che per più di un’ora avevamo risposto alle domande che ci erano state rivolte, cercando le parole migliori per esprimere il senso della nostra vocazione, ci ha ringraziato e ci ha detto: «Due cose mi rimangono: il vostro sorriso e il vostro sguardo. Questo solo mi sarebbe bastato». Ci ha spiazzate.

 

 

 

Ci ha ricordato che, prima che di parole o grandi gesti, la testimonianza che il mondo attende è la nostra stessa umanità intrisa di Vangelo: una umanità trasparente che lascia vedere Cristo, Parola del Padre. Questa Parola basta perché ha la forza di un “grido”, come ci diceva spesso un missionario, fr. Giacomo Bini: «Quello che sei grida più forte di quello che dici».

 

 

 

 

Ecco l’annuncio di cui il mondo ha bisogno! Ha bisogno di riascoltare, o di ascoltare la prima volta, il canto della vita, la Bellezza gratuita che scaturisce dalle sorgenti del Vangelo. Questo annuncio raggiunge noi per prime ogni giorno nel celebrare la Liturgia, nell’ascoltare la Parola, nell’incontro con i sacramenti e nel “sacramento degli incontri”, nell’essere insieme Chiesa. Il contatto con questa Bellezza ci lava gli occhi, ci purifica lo sguardo, evangelizza gli angoli oscuri del nostro cuore. È lo stesso annuncio che ci sorprende ogni mattina prima dell’alba nel cinguettio degli uccelli… nel veder spuntare un filo d’erba che prima non c’era… nel gioire per il grano maturo, che proprio nel mese di giugno viene raccolto… In fondo, non dobbiamo fare altro che essere quello che siamo!

 

Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio
(Sal 19,4-5)

Altri articoli