Contemplare per discernere

Il discernimento è un tema ricorrente in questi ultimi tempi, anche perché papa Francesco ha richiamato la Chiesa all’importanza di questo argomento. Nella nostra diocesi di Albano è stato messo a tema anche nell’ultimo Convegno Diocesano.

Discernimento letteralmente significa «separare» e «distinguere», ma viene usato abitualmente anche per indicare l’azione di valutare i vari termini di una questione, giungendo così alla migliore scelta possibile. Il Papa quando ne parla non si riferisce però ad un qualunque discernimento, ma rimanda ad un discernimento spirituale, quello cioè che cerca di riconoscere la presenza dello Spirito di Dio nella realtà umana e culturale; riconoscere il seme della sua presenza negli avvenimenti, nelle sensibilità, nei desideri, nelle tensioni profonde dei cuori.

Il punto è comprendere la volontà di Dio da compiersi qui e ora; si tratta di riconoscere la voce e l’opera di Dio nella propria vita e nella propria storia e renderla così il più conforme possibile alla sua volontà. Discernere è quindi un atteggiamento costante della vita. È lo Spirito divino che instaura con lo spirito umano un misterioso dialogo che ci impegna in un continuo confronto per suscitare una risposta docile.

Il cristiano non può conformarsi alla mentalità del mondo, ma deve discernere appunto la volontà di Dio, ascoltare la sua voce per comprendere la strada da percorrere che rende bella la vita, non eliminando i limiti, ma crescendo attraverso di essi. Questo suppone la prontezza a mettersi in discussione, è essere pronti a cambiar qualcosa, infatti solo Dio è l’assoluto e immutabile: tutto il resto è relativo.

Durante l’Angelus del 30 giugno 2013, papa Francesco sottolineava inoltre come il discernimento implica seguire la propria coscienza – luogo del discernimento – ciò non significa però seguire il proprio io, fare quello che mi interessa, che mi conviene, che mi piace.

Il primo biografo di san Francesco d’Assisi, Tommaso da Celano, nella Vita prima riferendosi a santa Chiara e alle sorelle così scrive: «Nella contemplazione esse imparano ciò che devono fare e ciò che devono evitare, e gustano la felicità di stare nell’intimità con Dio, perseverando il giorno e la notte nelle lodi e preghiere». “Imparare ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare”, ci sembra questa una felice sintesi di discernimento.

“Imparare” questo verbo ci conferma nel ritenere come nella vita non si è mai arrivati, non si possono dare alcune cose per scontato, ma che giorno dopo giorno, ogni giorno dobbiamo rimetterci alla scuola dello Spirito e al contempo credere che ciò è possibile; nessuno può dire: «Non sono capace!» e fermarsi lì, ma è possibile imparare, è possibile cambiare per il meglio. Un verbo bellissimo dunque che contiene in sé dinamismo, gioia, … in una parola Vita!

Il luogo di questa palestra è sì la nostra coscienza – come affermava papa Francesco –, ma in modo più dettagliato questo luogo è la contemplazione: io di fronte a Dio, un io che si “perde” in Dio nella contemplazione esse imparano ciò che devono fare e ciò che devono evitare. Cosa significa contemplare? Espressioni come: «Mi sono fermato a contemplare un tramonto stupendo», «…contemplare un quadro di Van Gogh». Contemplare la bellezza, lo splendore, la tenerezza, l’amore, significa vedere al di là di ciò che appare, lasciarsi stupire e rapire da una presenza che è “entro”, che è “oltre” ciò che vediamo: istanti che fanno gustare l’Infinito, istanti che ti catapultano nell’Eternità! In una parola: percepire la presenza di qualcosa o meglio di Qualcuno che ci sorpassa. Solo Lui è Bellezza, Unità, Verità, Bontà!

Santa Chiara d’Assisi scrive in una lettera indirizzata ad Agnese di Praga: «ogni giorno porta l’anima tua, in questo specchio e scruta in esso continuamente il tuo volto». Cristo è lo Specchio senza macchia in cui è necessario riflettersi per scrutare il proprio volto. È indicativo che Chiara invita a guardare questo specchio non ogni tanto e neanche quando si ha bisogno, ma costantemente, ogni giorno per scoprire  la propria immagine  e conformarsi a quella di Gesù Cristo. La contemplazione permette di guardare se stessi, conoscersi e trasformarsi nella bellezza dell’Amato interiormente quanto esteriormente. Santa Chiara ogni giorno «osserva» l’umiltà di Gesù Cristo, questo esercizio affettivo e cordiale gli procurò una conoscenza profonda di Dio e di sé.

«Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti», leggiamo nel Salmo 33. Guadando Lui posso comprendere cosa significhi amare, perdonare, donare, mi si rivela il senso profondo di parole quali: pazienza, mitezza, umiltà, gratuità. Guardando a Lui – Gesù crocifisso – possiamo comprendere quanto siamo amati, perdonati, preziosi ai suoi occhi. Il punto di riferimento del mio discernere non posso essere io; solo fuori di me posso trovare la salvezza, solo riconoscendo la sua azione in me posso comprendere qual è la strada da percorrere, la strada che conduce alla meta.

«Medita, contempla e brama di imitarlo» troviamo scritto nella II Lettera di Chiara indirizzata ad Agnese, ma in modo ancora più particolareggiato ci indica il percorso da compiere nella III Lettera quando scrive: «Colloca i tuoi occhi davanti allo specchio dell’eternità, colloca la tua anima nello splendore della gloria, colloca il tuo cuore in Colui che è figura della divina sostanza, e trasformati interamente, per mezzo della contemplazione». Conoscere se stessi è veramente l’insegnamento più grande fra tutti: chi conosce se stesso, conoscerà Dio, e chi ha conosciuto Dio diventerà simile a lui, compiendo opere buone.

 

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